Mario Del Pero

Game over, again

Clinton recupera circa 15 delegati grazie alla vittoria in
Pennsylvania. Questo le permette di ridurre a circa 150 delegati il distacco da
Obama. In altre parole avrebbe bisogno di altre 10 primarie in Pennsylvania per
colmare il gap. Ma gli stati dove si deve ancora votare sono solo nove, che
messi assieme fanno circa due volte la Pennsylvania in termini di delegati. Che
la partita fosse chiusa lo si sapeva ormai da tempo. Questo voto ha solo finito
per confermarlo. E anche i media che avevano sostenuto la Clinton, a partire
dal New York Times (vedi qui) ne stanno ora prendendo le distanze.

6 Commenti

  1. Marco Campione

    Cosa ti fa pensare che i superdelegati non possano cambiare il responso delle primarie?

  2. Mario Del Pero

    Provo a ragionare con i numeri, anche per dare razionalità a quello che è diventato con le settimane davvero un auspicio. Salvo cataclismi, alla fine delle primarie Obama dovrebbe avere un vantaggio tra i 130 e 180 pledged delegates che scenderebbe tra i 110 e i 140, se includiamo anche i superdelegati. Possiamo discutere all’infinito sulle modalità di queste primarie, sui caucus, sul calendario, sul Michigan e la Florida, ma con queste regole Obama ha vinto le primarie. Mancheranno all’appello circa 300 superdelegati, compreso un piccolo gruzzolo che aveva in prima battuta sostenuto Edwards e Richardson. Negli ultimi due mesi, la tendenza dei superdelegati indecisi è stata quella di schierarsi dalla parte di Obama, che infatti ha recuperato parte del gap (ora ca. 260 superdel. sono con Clinton e 235 con Obama). Per poter colmare lo svantaggio, Clinton avrebbe bisogno che circa 3 superdelegati ancora indecisi su 4 si schierino con lei. Mi sembra improbabile; e soprattutto mi sembra suicida. Cosa delle quale i maggiorenti democratici, a partire da Pelosi e Dean, sembrano essere pienamente consapevoli. Credo che qualora Obama non vinca sia in Indiana sia in North Carolina (6 maggio) si giungerà alla fine delle primarie con il voto in Montana e South Dakota (3 giugno), facendosi ancora un bel po’ di male e favorendo ulteriormente McCain. Poi si porrà a fine alla contesa, evitando di portarla a Denver. Ma ripeto, il mio è anche un auspicio mascherato da previsione.

  3. federico

    L’auspicio sarebbe anche il mio, perché per affinità così come per il simbolismo che porta con sé preferirei Obama come presidente. E sui numeri delle primarie il tuo ragionamento non fa una piega.Ma detto questo non sarebbe anche il caso di fare i conti con le ormai palesi e crescenti vulnerabilità di Obama – per quanto spiacevoli possano essere per noi “auspicanti” ?Ogni volta che si vota in uno stato che il candidato democratico DEVE vincere per arrivare alla presidenza non solo Obama perde, ma soprattutto si mostra sempre meno forte proprio tra quei segmenti di elettori che il candidato democratico DEVE vincere per arrivare alla presidenza: operai, cattolici, anziani, donne bianche. La Pennsylviania sotto questo profilo ha visto un tracollo di Obama. E nessun democratico può vincere a novembre se non fa il pieno di quei voti. Se viceversa si schiaccia sull’elettorato afro-americano, giovanile, e di ceti medi liberal delle aree urbane – per quanto riesca a mobilitarli in gran numero – non può che risultare minoritario a novembre.La tragedia è che Clinton non può vincere le primarie senza sfracellare il partito e alienare buona parte del suo elettorato. Mentre una candidatura di Obama a novembre evoca sempre più la vicenda di McGovern nel 1972: coalizione minoritaria,perdita dell’elettorato popolare, sconfitta secca e relegamento del partito democratico in un limbo minoritario per vent’anni.La storia non si ripete, ma i segnali sono allarmanti.

  4. Mario Del Pero

    Sì, le tue sono considerazioni (e preoccupazioni) lecite e fondate. Siamo d’accordo che Obama debba essere il candidato democratico, perché ha vinto le primarie e perché rovesciare l’esito finirebbe, come dici tu, per “sfracellare” i democratici. Ma l’andamento delle primarie democratiche alimenta dubbi inevitabili sulle possibilità per Obama di vincere in novembre. Provo a offrire una serie di considerazioni a favore della eleggibilità di Obama:a) Se ben ricordo, furono proprio Judis e Teixeira qualche anno fa (“New Democratic Majority”) a dire che in fondo la coalizione di McGovern del 1972 aveva solo il difetto di essere stata troppo in anticipo sui tempi e che tendenze sociali, demografiche e anagrafiche l’avrebbero resa trent’anni più tardi più ampia e forte politicamenteb) Obama ha dimostrato di poter conquistare una fetta importante del voto indipendente, che ad esempio non votava nelle primarie chiuse della Pennsylvaniac) Non si possono sovrapporre automaticamente i risultati delle primarie su quelle delle presidenziali. In altre parole, in novembre Obama dovrebbe poter recuperare parte di quel voto conquistato dalla Clinton in Ohio e Pennsylvania. Anche perché McCain porterà con sé il peso delle scelte di politica economica di Bush e ha finora deciso di lasciare agli avversari la bandiera del populismo protezionistad) Nei polls nazionali Obama ottiene risultati migliori rispetto a Clinton in una ipotetica sfida con McCain. Sempre secondo i sondaggi, Obama vincerebbe comunque due (Wisconsin e Pennsylvania) di quattro potenziali swing states di novembre (gli altri due sono la Florida e l’Ohio).e) Con il voto indipendente e la piena mobilitazione della propria base elettorale, inclusi gli afro-americani, Obama potrebbe rimettere in gioco una serie di stati del sud dove i democratici persero nettamente nel 2000 e nel 2004Insomma, le preoccupazioni sono lecite e fondate, ma l’alternativa a Obama è, per varie ragioni, peggiore e alcuni fattori possono bilanciare le debolezze di Obama che giustamente sottolineavi tu.

  5. federico

    Speriamo. Sul punto b) hai ragione, bisognerà ovviamente vedere quanto. Il punto c) è giusto ma opera anche in senso inverso: Clinton avrebbe parte dei di voti di Obama, e sui toni populisti lei è più efficace di lui. Il d) e e) sono per ora così vaghi e ipotetici da essere poco più che wishful thinking, temo.Su a), infine, non sono d’accordo con Judis e Texeira. Senza il voto operaio, di provincia, popolare (e cattolico) nessun democratico hai mai vinto. Su quello ha perso pure Kerry nel 2004, non solo McGovern trentasei anni fa. E viceversa Bill Clinton riuscì a vincere proprio perché riuscì a catturare anche quel voto che tutti gli altri democratici non acchiappano.Infine è spiacevole (anzi ripugnante) osservare che il fattore razziale comincia forse a rizzare la testa. Quelli che non voteranno Obama perchè non è bianco esistono, probabilmente non sono molti ma possono essere pesanti in un’elezione marginale, e in Pennsylvania hanno cominciato a manifestarsi pure tra gli elettori democratici.Yes we can, but may be we cannot.

  6. Mario Del Pero

    Come su molti altri aspetti, Judis e Teixeira esagerano (anzi, esageravano, ché ora Judis sembra avere cambiato idea) tendenze che però in una qualche misura erano in atto. La base sociale, culturale e demografica della McGovern coalition è più ampia oggi che nel 1972. Non sufficiente, ci mancherebbe, ma più ampia.Certo che Clinton intercetta meglio l’elettorato di cui al punto c), ma siamo d’accordo che le primarie le abbia vinte Obama e che provare a rovesciarne l’esito provocherebbe danni anche peggiori che accettarlo (non ultimo per il tipo di campagna che i Clinton hanno condotto da un certo momento in poi, ci mancava pure l’ad con Bin Laden e Pearl Harbor…).McCain è più debole di quanto non appaia, come molte sue uscite recenti hanno evidenziato. E in novembre porterà con sé anche il baggage di otto anni di Bush, che non è poco.Base elettorale, infine. Come mi ricorda Eleonora da Columbus, Ohio, la questione non è solo l’ampiezza di questa base elettorale, ma anche la sua potenziale mobilitazione. È ovvio che c’è anche del wishful thinking (e infatti ci siamo definiti “auspicanti”) nei punti d) ed e), che poggia però su alcuni dati, a partire dal peso della popolazione afro-americana in alcuni stati del sud (secondo il censimento 2000 il 36% % di quella totale in Mississippi, il 31 % in Louisiana, il 30% in South Carolina, il 27% in Georgia, il 25% in Alabama). Tutti stati dove Obama ha stravinto le primarie, spesso doppiando la Clinton, anche grazie a una mobilitazione senza precedenti dell’elettorato afro-americano, che presumibilmente aumenterà ancora in novembre. E tutti stati dove i democratici hanno perso, e malamente, sia nel 2000 sia nel 2004. Un peso ciò potrebbe averlo, anche perché stiamo parlando di un blocco non irrilevante di grandi elettori (Georgia e Mississippi assieme contano più di Ohio, tanto per fare un esempio)

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