Mario Del Pero

Mappe elettorali

Ora che le primarie volgono al termine, da più parti ci si
chiede se Hillary Clinton non sarebbe stata più competitiva di Obama in
novembre. A bocce ferme credo proprio di sì: la maggiore capacità di Obama d’intercettare
il voto indipendente non compensa le sue difficoltà con una parte dell’elettorato
bianco negli stati cruciali della Rustbelt. Ma le bocce non erano ferme e dopo
i risultati di gennaio e febbraio non vi era modo per Clinton di rovesciare l’esito
delle primarie senza lacerare il partito democratico, con tutte le conseguenze del caso.

Può Obama vincere in novembre? La risposta è ovviamente
positiva e ritengo anzi che egli sia favorito. Ma gli ostacoli non sono
irrilevanti e un semplice sguardo alla mappa elettorale degli Usa (vedi qui) lo
rivela assai bene. Nel Midwest postindustriale, dove Obama fatica molto, si
concentrano molti dei potenziali swing states di novembre; con l’eccezione dell’Ohio, sono
stati (Pennsylvania, Michigan, Wisconsin) dove Kerry vinse nel 2004 e che i
democratici devono assolutamente conquistare quest’autunno. È difficile
immaginare che Florida (per McCain) e California (per Obama) siano veramente in
gioco. Per compensare una nuova sconfitta in Ohio e, magari, in uno degli altri
stati della Rustbelt Obama deve quindi riportare nel campo democratico stati
persi nel 2000 e nel 2004. Possono essere stati del primo sud (Virginia e
North Carolina, dove più forte è la coalizione potenziale tra afro-americani e
bianchi con redditi medio-alti e istruzione universitaria), del Midwest profondo
(Missouri, il perenne battleground) e dell’ovest (Colorado, New Mexico e Nevada,
dove però Obama deve vincere le perplessità di una parte dell’elettorato
ispanico). Una missione non impossibile, ovviamente, ma nemmeno facile e scontata.

2 Commenti

  1. Marco Campione

    Si, ma la Clinton ha provato a spaccare il partito… e quanta responsabilità sarebbe ascrivibile a lei per aver scelto questa strategia suicida qualora obama dovesse veramente perdere?

  2. Mario Del Pero

    era un suo diritto continuare fino alla fine, sperando al contempo che i superdelegati si convincessero che rimaneva lei la candidata più eleggibile. Io ho trovato discutibile un certo tipo di campagna elettorale promosso dalla Clinton da marzo in poi e, ancor più, il suo voler rimettere in gioco Michigan e Florida, dopo l’impegno assunto all’inizio delle primarie (e rivendicando la validità di un voto a dir poco monco). Quanti danni ciò abbia prodotto e quanto profonde siano le ferite nel campo democratico lo scopriremo i prossimi mesi. Checché ne dicano alcuni, a Obama (e ai democratici) non ha fatto certo bene. Ma ormai è tempo di pensare ad altro.

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