Mario Del Pero

Perché Clinton ha perso

Mentre riparte il tormentone sul dream ticket, si possono provare a tirare le prime somme di queste interminabili primarie democratiche. Soprattutto, si può cercare di capire perché Clinton abbia perso, a dispetto della sua forza politica, delle sue risorse, delle sue indubbie capacità e del fatto, forse non sufficientemente sottolineato, che i programmi dei due candidati fossero alla fine assai simili. La sfortuna, gli errori, la sorprendente abilità di Obama: tutti questi fattori hanno concorso nel determinare l’esito finale. Ma hanno agito anche trasformazioni più ampie, che rendono l’America di oggi assai diversa da quella clintoniana degli anni Novanta. Provo, in sintesi, a ricapitolare le ragioni della sconfitta di Hillary Clinton (ognuno dei punti di cui sotto è ovviamente passibile di vari approfondimenti e specificazioni):

 

a)   I clintoniani hanno completamente sbagliato la strategia elettorale. Pensavano di replicare il modello del 2004: vittorie in Iowa e in New Hamsphire, domino conseguente e partita chiusa il supermartedì. È bastata la sconfitta in Iowa per far saltare tutto. A quel punto la maggior organizzazione sul campo di Obama ha fatto la differenza nei caucus, la cui importanza è stata a sua volta sottovalutata dai Clinton (tanto per intenderci: nei caucus del solo stato di Washington, dove erano in palio 78 delegati, Obama ha ottenuto 26 delegati in più di Clinton, che ne ha recuperati appena 19 nelle due larghe vittoria in Ohio e in Pennsylvania, dove i delegati n palio erano 300)

b) Obama è stato a lungo trattato con i quanti di velluto dai media

c)  Clinton e il suo team hanno sottovalutato Obama. Non si spiega altrimenti l’incapacità di sfruttare prima la vicenda del reverendo Wright, che se sollevata in tempo avrebbe potuto modificare l’esito del voto a partire, appunto, dai caucus dell’Iowa

d)   Obama ha sfruttato appieno la blogosfera: la sua capacità di mobilitazione, cruciale nella creazione di un movimento attivo sul campo, e, ancor più, quella di fundraising, che ha dotato Obama di straordinarie risorse, rivelatisi decisive nel limitare i danni negli stati – di nuovo Pennsylvania e Ohio – dove Clinton era decisamente più forte.

e)   Maturato il distacco decisivo tra il supermartedì (5 febbraio) e il voto in Texas e Ohio (4 marzo), Clinton ha deciso di alzare il tono della polemica e di ricorrere spesso a una campagna negativa. Difficile dire se ciò le abbia giovato elettoralmente, ad esempio tra una parte dell’elettorato bianco, ma è certo che ciò abbia finito per compattare il fronte obamiano e, ancor più, l’elettorato afroamericano. A quel punto è divenuto impossibile per Clinton conquistare la nomination senza alienare quell’elettorato, spaccare il partito e pregiudicare le possibilità di successo in novembre. E in modo inarrestabile, i superdelegati – tra i quali Clinton aveva un ampio vantaggio – hanno cominciato a schierarsi con Obama per evitare questo esito.

f)    Fattore Bill. Di nuovo difficile da misurare in termini elettorali, anche se ha fatto una certa impressione vedere un ex presidente scendere nella contesa in questo modo (lo si confronti con l’atteggiamento di George Bush Sr. nel 2000, ad esempio). Ma le critiche ricevute da molti superdelegati e la profonda irritazione di alcuni dei più influenti politici afroamericani hanno finito per contribuire al processo di cui al punto d).

g)   E questo ci riporta al fatto che l’America di oggi non è quella degli anni Novanta. E che il messaggio tecnocratico, ma algido, della Clinton ha rivelato una debole capacità di mobilitazione, anche perché non bilanciato in alcun modo dal carisma e dal fascino che Bill sapeva proiettare

h)    Molto più importante della competenza e, anche, dei programmi è stato il giudizio sul comportamento di Obama e Clinton negli ultimi sei anni e, in particolare, la loro posizione rispetto alla politica estera di Bush. Obama è riuscito a sfruttare l’ostilità alla guerra e la richiesta forte della maggioranza dei militanti democratici di uscire quanto prima dall’Iraq, anche se la sua posizione non è stata sempre lineare e coerente su questo (si vedano le dichiarazioni, e ancor più i silenzi, del periodo 2002-2004). Hillary ha pagato il suo sostegno alla guerra e la sua incapacità di emanciparsi da un’immagine di falco, ampiamente coltivata negli anni passati e confermata in alcune decisioni recenti (ad esempio il suo voto a favore della risoluzione che dichiara la Guardia Rivoluzionaria Iraniana una organizzazione terroristica)

 

Per questi motivi Clinton ha perso. Resta ora da capire se l’America sia cambiata a sufficienza, se Obama sia abile abbastanza e se McCain sia debole quanto sembra.

4 Commenti

  1. Roberto Gualtieri

    Clinton e Obama

    Mario Del Pero, che lo aveva detto da tempo, ci spiega in modo assai convincente perché Hillary Clinton ha perso. Il ruolo svolto dalla critica alla guerra (più netta e coerente in Obama che nella Clinton) nel determinare l’esito della c…

  2. carlo

    quoteb) Obama è stato a lungo trattato con i guanti di velluto dai mediaunquoteè fantapolitica, o ha qualche fondamento l’ipotesi che in America (penso a quel che é avvenuto in Italia con la pre-nomination di Veltroni da parte dei media compatti, ben prima delle primarie)il salotto buono si sia scelto l’avversario che ritiene più facile da battere?

  3. Mario Del Pero

    è fantapolitica

  4. carlo

    accetto con sollievo la stroncatura. Con quel che si vede si é portati a pensare il peggio. Grazie e scusa.

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