Mario Del Pero

No dream ticket

Io non credo che Obama-Clinton sia un dream ticket né la
soluzione migliore per i democratici, anche se Obama farà fatica a bloccarlo. I
candidati vice-presidenti non fanno vincere le elezioni, ma possono concorrere
a farle perdere. La presenza di Hillary nel ticket offuscherebbe Obama,
confermandone la fragilità agli occhi di molti elettori. Concorrerebbe a polarizzare
e inasprire ancor più il quadro . Soprattutto
trascinerebbe nella contesa il sempre più ingombrante Bill. Meglio, molto
meglio, qualcuno come il senatore Jim Webb, della Virginia, che aiuterebbe a
conquistare uno stato potenzialmente fondamentale, coprirebbe Obama sulle
questioni di politica estera e di sicurezza (è un veterano del Vietnam ed è stato
segretario della Marina con Reagan) e non sarebbe certo meno credibile di
Hillary presso la working class bianca della Rustbelt.

4 Commenti

  1. fabio nicolucci

    caro Mario,il tuo obamismo è degno di miglior causa, nonostante possa capire la sua forza evocativa e illudermi che possa vincere. Obama è forte ma non mi sembrano mature le condizioni per la sua vittoria: abbiamo di fronte un nuovo Lula, che vincerà al quarto tentativo, cioè quando il paese sarà pronto? E nel frattempo, che si fa? A noi europei progressisti farebbe comodo la vittoria di un democcratico…trovo tutto debole, e ciò si vede perfino nel tuo post, dove bizzarramente ti schieri contro il “dream ticket” con la motivazione che “oscurerebbe Obama”. Cioè, dato che è debole non mettiamo un candidato vicepresidente forte. Mi sembra la ricetta con cui sono state fatte le liste elettorali del pd e si formano i suoi dirigenti… io sono per la realpolitik sempre e comunque (sani rapporti di forza) e per mettere sempre in campo la proposta più forte!ti ripropongo, tanto per darti fastidio, ciò che scrissi sul mio blog lo scorso 4 febbraio, il giorno prima del supermartedì. Lo riscriverei paro paro!”La nostra scelta – se potessimo votare alle primarie Usa, cosa che prima o poi dovremmo poter fare, visto che lì si decidono anche i nostri destini e che il nostro governo nazionale è parte di una costellazione non più indipendente bensì con il suo centro a Washington – sarebbe ovviamente per i democratici, e per Hillary Clinton in particolare. Lo vogliamo scrivere prima dei risultati del “supermartedì”, quel 5 febbraio nel quale verranno assegnati la gran parte dei delegati. Così, tanto per schierarci sulle idee, a prescindere dal risultato.Insomma, tra Barack Obama e Hillary Clinton non abbiamo dubbi: la novità più dirompente sarebbe un candidato non solo preparato, quasi secchione, ma anche che donna. Scegliere o no un candidato con queste due caratteristiche insieme, come sarebbe nel caso di Hilalry Clinton, ci sembra sia la vera scelta politica in mano agli elettori democratici.Come ha ben scritto Andrea Romano su La Stampa di lunedì 4 febbraio, “Obama è figo, ma non basta”: infatti può forse bastare questo? E’ vero che il suo scintillìo personale – l’aurea o carisma che dir si voglia – è evidente, e dunque suscita speranza. Non è poco, di questi tempi postmoderni. Ma se rimane solo questo – e noi non ricordiamo una sua presa di posizione sulla politica che vada al di là di questo – si rischia a nostro giudizio di interrompere per troppa fretta e per paura la costruzione di un vero progetto politico autonomo e non subalterno.Mentre infatti le caratteristiche per cui si sarebbe tentati di scegliere Obama sono quelle della personalizzazione della politica prescindendo dai contenuti, quelle della confusa e un po’ disperata speranza identitaria rispetto al saper interpretare l’interesse nazionale, e quella della moda mediatica del “cocco delle Tv” in quanto telegenico, e telegenico in quanto si fa riempire di contenuti dai media stessi e da chi essi rappresentano – certo il pubblico, ma soprattutto gli editori -, le caratteristiche a favore di Hillary Clinton sono invece molto più solide e sicure.Proviamo ad enumerarle. Per prima è il fatto che siamo clintoniani: Usa ed Europa devono ritrovare la cooperazione degli anni ’90, unico momento quando l’Europa – e l’Italia – riuscirono ad immaginare una potenza civile e a fare un intervento per la libertà, in quel Kosovo che oggi discute della sua indipendenza e non della sua schiavitù. Il nuovo va bene, benissimo. Ma quando il “vecchio” è stato ottimo, a noi piace molto.La seconda è che si tratta di una donna: come prima volta non sarebbe forse molto più dirompente una donna Presidente degli Usa, rispetto ad un nero ma maschio? In fondo hanno molta più difficoltà ad entrare e a pesare in politica le donne che i neri, negli Usa e altrove, ci sembra. Ma ecco che molti maschietti, ed anche molte donne, di fronte a questa che sarebbe una novità rivoluzionaria scartano come cavalli imbizzarriti e accampano scuse, dal radical chic e vagamente razzista “lui nasce povero e diseredato, mentre lei fa parte dell’establishment (ma avvocato famoso e potete lo è diventata malgrado il marito, non grazie a)”, al finto realista “non è tempo per una donna al potere, rischiamo di perdere”.Noi invece pensiamo sia tempo di osare. Se potessimo votare lo faremmo convintamente per Hillary, malgrado la diffidenza ispirata dai media – che, come sappiamo nel caso nostrano di D’Alema, attaccano sempre e dipingono come antipatico chi è da loro troppo autonomo come politico – e dunque il retrogusto di antipatia verso di lei che riescono comunque ad ispirare. Di più, faremmo attivamente campagna per lei. Obama sarebbe un ottimo secondo, ed allora sì che con un presidente che studi le carte e un vicepresidente che lo aiuti a costruire il contenitore simbolico entro quale metterli gli Usa e il popolo americano sarebbero veramente in grado di voltare pagina. E tutti noi con loro, che da essi in gran parte dipendiamo, malgrado le purtroppo vicine elezioni nazionali.”

  2. Mario Del Pero

    Per l’appunto: è in nome del realismo (e non dell’obamismo, come lo chiami tu) che si fanno certe considerazioni. Per le ragioni che ho sommariamente illustrato nel post, Hillary nel ticket rischia d’indebolire Obama e ridurre le sue possibilità di successo. Cosa da non auspicarsi, giusto? Lascia stare quel che si scriveva il 4 febbraio, ché ormai è un’altra storia. E, soprattutto, lascia stare il PD, D’Alema e Veltroni, almeno quando parliamo d’America. Ciao, mdp

  3. fabio nicolucci

    hai ragione su Veltroni e D’Alema, touché. che ti devo dire, la lingua batte dove il dente duole. speriamo in America vada meglio che in Italia. Tanto tutto da lì dipende.ps mi fa piacere che il tuo Obama sta “con realismo” schierandosi per Israele, cosa inevitabile per ogni candidato presidenziale. Solo così ci sarà poi il tempo di spendere questo capitale politico ingaggiando Iran e Islam politico radicale in modo nuovo, nodi ineludibili della prossima amministrazione (e per l’Europa), senza che ciò sembri una capitolazione. Il ragazzo cresce…

  4. Mario Del Pero

    ecco, se lo riconosci pure tu vuol proprio dire che ha qualche chance in novembre…

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