Mario Del Pero

Debito, compromessi e responsabilità

Mancano ormai pochi giorni alla scadenza ultima, il 2 agosto, per alzare la soglia massima del debito pubblico statunitense, oggi fissata a 14mila e 300 miliardi di dollari. Serve l’autorizzazione di entrambe la camere, ma in quella bassa – in mano a un partito repubblicano ostaggio delle sue frange più radicali – si fatica a trovare un accordo. Se il tetto non sarà alzato, gli Usa entreranno tecnicamente in uno stato di default: il primo della loro storia. Con effetti molto pericolosi per l’economia statunitense e quella globale. Il governo federale sarebbe incapace di far fronte a varie voci della spesa ordinaria e vedrebbe il suo rating declassato dalle agenzie internazionali, con una conseguente crescita dei tassi sui titoli di stato e oneri ancor maggiori sul debito.

Vista la portata della minaccia, un aumento del tetto del debito appariva scontato solo pochi mesi fa. E in passato, sarebbe (e, di fatto, è) avvenuto senza grandi polemiche e clamori pubblici. Dopo le elezioni di medio termine del 2010, il debito ha però acquisito una valenza simbolica che ne ha trasformato il significato ultimo. Per la destra radicale del Tea Party, esso costituisce l’emblema di uno stato federale elefantiaco, corrotto, inefficiente e, soprattutto, a sovranità limitata. Uno stato che, indebitandosi ad libitum, non si assume la responsabilità di compiere scelte difficili; sperpera risorse scarse pagando interessi che, per quanto ai minimi storici in termini di tassi, rimangono comunque molto onerosi; tassa i suoi cittadini per far fronte a queste spese improduttive; soprattutto, perde autonomia e sovranità, costituendo il debito la forma ultima di dipendenza (ogni circa un terzo è in mano a investitori stranieri, la metà dei quali cinesi e giapponesi).

È, quella dei deputati del Tea Party, una lettura semplicistica, dogmatica e, in parte, anche strumentale, visto che alcuni di essi, a partire dalla candidata presidenziale Michele Bachmann, ammettono candidamente che un eventuale default potrebbe danneggiare Obama alle presidenziali del 2012. La crescita del debito è infatti avvenuta ben prima dell’elezione di Obama. Nel 1981, il suo ammontare complessivo si collocava sotto il miliardo di dollari (circa 2mila e 500 miliardi ai prezzi di oggi); corrispondeva a poco più del 30% del prodotto interno lordo, quando oggi sfiora il 100%. Gli aumenti più significativi vi sono stati con le amministrazioni, fiscalmente assai poco responsabili, di repubblicani come Ronald Reagan e George Bush Jr., effetto ineluttabile del combinato disposto di alte spese militari, tagli alle tasse e crescita dell’età media, con conseguenti effetti sulla spesa previdenziale e su quella sanitaria. Gli stessi repubblicani che si scagliano oggi violentemente contro Obama, dissero poco o nulla quando sotto Bush Jr. il debito pubblico quasi raddoppiò, passando da 5mila e 600 a 10 e 600 miliardi di dollari in otto anni (dal 55 all’80% del PIL). L’indisponibilità dei leader della destra repubblicana a considerare aumenti dell’imposizione fiscale sui redditi più alti – oggi ai livelli minimi degli ultimi ottant’anni – è un chiaro indicatore del loro dogmatismo e della loro irresponsabilità. Su questo Obama ha fatto negli ultimi giorni concessioni estreme, rendendosi disponibile a tagli di spesa in programmi – la previdenza e l’assistenza sanitaria agli anziani – ancora popolari e intoccabili per gran parte dell’elettorato democratico. L’ultima offerta di Obama, che prevedeva risparmi di 4mila miliardi di dollari su un decennio in cambio dell’aumento del tetto al debito, si concentrava per la gran parte proprio sulle voci di spesa e chiedeva solo di porre termine alla riduzione delle aliquote per i redditi più alti introdotta da Bush nel 2001. È bastata questa richiesta per far saltare l’accordo. E questo ci dà forse un’idea di come le difficoltà degli Stati Uniti odierni si manifestino anche in un dibattito politico polarizzato, dove la responsabilità è merce rara e sembra pagare sempre meno alle urne.

Il Mattino, 19 luglio 2011