Mario Del Pero

New York e il Futuro

New York incarna e simboleggia come pochi altri luoghi la ricchezza, il dinamismo, la diversità, ma anche i paradossi e le contraddizioni degli Stati Uniti.

È stata capace di uscire dalla drammatica crisi urbana degli anni Settanta/Ottanta, da una microcriminalità diffusa e dall’epidemia di crack e altre droghe che l’avevano resa quasi invivibile. È tornata ad essere città-mondo: luogo di riferimento per il resto del paese e del pianeta. Si è risollevata più rapidamente del previsto dopo l’11 settembre. Il suo mercato immobiliare ha retto come nessun altro l’urto del post-2007. In un’America che sta abbandonando i sobborghi e riscoprendo i vantaggi della vita urbana, New York rimane, assieme a San Francisco, la città dove è più facile muoversi a piedi e con mezzi pubblici (quasi l’80% delle famiglie di Manhattan e più del 50% di quelle di New York non possiedono un’automobile).

Ma è anche un luogo dove opera una metropolitana malandata e spesso inaffidabile; dove vi sono quartieri a oggi inavvicinabili; dove secondo l’ultimo censimento il 20% della popolazione (1 milione e 600mila persone) vive sotto la soglia della povertà; dove i macroscopici squilibri sociali dell’America odierna sono visibili come da nessuna altra parte; dove la polizia spesso gode di una sorte d’impunità, che le permette comportamenti inaccettabili; dove i tempi biblici di costruzione della nuova Freedom Tower a Ground Zero ci ricordano quanto farraginosa  e inefficiente possa essere la democrazia statunitense in azione.

Eppure a New York, forse più che altrove, si può sempre toccare con mano il desiderio degli Stati Uniti non solo di guardare al futuro, ma di provare a immaginarlo e finanche realizzarlo, spesso recuperando e reinventando pezzi di un passato che sembrava dismesso per sempre. Nel 2009 è stato inaugurato il parco della High Line, la vecchia ferrovia sopraelevata che dagli anni trenta agli anni Ottanta serviva per trasportare carne e prodotti caseari nella parte sudoccidentale della città. Un progetto urbanistico visionario e quasi folle – quello di recuperare una linea ferroviaria per realizzarvi un parco pubblico – risoltosi in uno straordinario successo, anche grazie al convinto sostegno del sindaco Michael Bloomberg: a oggi l’High Line attrae centinaia di migliaia di persone, è presa a modello da molte altre città, promuove varie iniziative culturali e sta, di fatto, trasformando una parte del quartiere di Chelsea.

La High Line è però solo il caso più famoso di questa costante voglia d’inventare, ripensarsi, proiettarsi in avanti. In queste settimane il comune di New York si trova a dover scegliere il progetto vincente per il recupero di una parte di Roosevelt Island, l’isola nello East River, tra Manhattan e il Queens. Sussidiato in forma di concessione gratuita e d’impegno a investimenti infrastrutturali, il progetto prevede la creazione di un centro di ricerca universitaria high tech capace in prospettiva di attrarre ulteriori intelligenze e capitali a New York. Le futuristiche proposte avanzate da università come Cornell, Stanford e Columbia – dagli avanzatissimi standard bio-architettonici – rivelano ancora una volta cosa possa fare una virtuosa e coraggiosa collaborazione tra pubblico e privato.

Nel mentre, il modello della High Line ha scatenato uno spirito emulativo, espressosi in una miriade di progetti che, in scala, sperano di replicarne il successo. Progetti che aspirano a recuperare e adattare ciò che solo poco tempo fa appariva perso per sempre. È questo il caso del “Delancey Underground”, un sottopasso nello East Village, usato un tempo come deposito di carrozze della metropolitana e poi abbandonato. Allo studio è un progetto per fare del “Delancey Underground” un parco sotterraneo: una specie di Low Line capace di usare tecnologia a fibre ottiche per illuminare naturalmente il sottopasso e permettere che vi cresca vegetazione. Un progetto più ambizioso, se possibile, della stessa High Line, ma che ha già raccolto capitali e appoggi politici.

Una città di contraddizioni e ineguaglianze, New York, dove ogni appartamento che si rispetti ha la sua felice famigliola di topi, dove gli spostamenti sono scanditi dal cigolare (e dai ritardi) di una metropolitana inaugurata più di un secolo fa, ma capace di operare 24 ore al giorno e di trasportare quotidianamente tra i 4 e i 5 milioni di passeggeri. Una città dove non ci si stanca però mai d’immaginare il futuro e di provare a realizzarlo.

Il Messaggero, 29 novembre 2011