Mario Del Pero

Il voto in Iowa

L’Iowa non si smentisce. Nei suoi bizzarri caucus non si conquista la nomination, ma si può perderla prima ancora di iniziare a votare davvero, come Mitt Romney – ora più che mai indiscusso favorito – scoprì quattro anni orsono. Escono quindi subito dalla contesa la pasionaria deputata ultraconservatrice  Michelle Bachmann e, soprattutto, il governatore del Texas Rick Perry, la vera alternativa di Romney a destra, oltre che l’unico in grado di pareggiarne le straordinarie risorse economiche.

Per pochissimi voti Romney ha la meglio sull’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, capace d’intercettare il voto della destra cristiana, tradizionalmente ben rappresentata tra l’elettorato repubblicano dell’Iowa. Poco più indietro si colloca Rick Paul, deputato isolazionista, libertarian e anti-proibizionista che piace all’elettorato giovane e anti-establishment. Difficile che la corsa di Santorum e, ancor più, Paul possa però durare a lungo. Troppo eccentrico il secondo, sui temi etici così come sulla politica estera, per gli standard dei repubblicani; debole, privo di risorse e carisma il primo, che solo nel 2006 perdeva con quasi venti punti di scarto il suo seggio senatoriale, la più ampia sconfitta di un senatore in carica nella storia della Pennsylvania.

Oltre all’ex governatore dello Utah (e ambasciatore di Obama in Cina), Jon Huntsman, che in Iowa ha deciso di non correre e punta tutto su di un buon risultato in New Hampshire, rimane solo l’ex speaker della Camera, Newt Gingrich. Gingrich era cresciuto rapidamente nei sondaggi, grazie alle sue eccellenti performance nei dibattiti televisivi, salvo poi essere travolto da una valanga di pubblicità negative e attacchi personali, finanziati da gruppi privati (le cosiddette “SuperPacs”) legati ai suoi avversari, Romney in particolare. Dal voto in Iowa, Gingrich esce fortemente ridimensionato, ma non completamente sconfitto. Se regge in New Hampshire, dove ha raccolto l’appoggio dell’importante quotidiano conservatore “Manchester Union Leader”, e poi riesce a vincere nel primo stato del sud dove si vota, la South Carolina, Gingrich potrebbe provare ad allungare una contesa il cui esito, al momento, appare davvero scontato.

Il voto in Iowa è rilevante per diversi aspetti e ci dice molto sul partito repubblicano e, più in generale, sullo stato di salute della democrazia statunitense. I repubblicani appaiono estremamente frammentati e divisi. Romney vince l’Iowa pur ottenendo, in percentuale, meno voti rispetto al 2008, quando giunse secondo e vide implodere le sue speranze di conquistare la nomination. L’elettorato di destra ha cercato invano un’alternativa a Romney, individuandola infine – più per disperazione che per convinzione – in Santorum. Che una figura non più giovane, borderline, e invero alquanto bizzarra, come Ron Paul possa essere in corsa la dice lunga sui travagli dei repubblicani (nel 2008, Paul ottenne meno della metà dei voti conquistati quest’anno in Iowa). Certo, l’ostilità nei confronti di Obama e il desiderio di riconquistare la Casa Bianca sono collanti forti, che ricompatteranno in una qualche misura il partito. Per il suo passato moderato, i suoi frequenti mutamenti di posizione e il suo straordinario deficit di carisma e fascino, Romney non appare però figura in grado di accelerare o agevolare questo ricompattamento.

L’Iowa ci lascia intendere, inoltre, che la campagna del 2012 sarà tanto brutale quanto straordinariamente costosa. La recente sentenza con cui la Corte Suprema ha rimosso qualsiasi limite alle spese elettorali di gruppi privati formalmente indipendenti  ha contribuito e contribuirà a questo abbruttimento. 6 milioni di dollari sono stati spesi nella campagna in Iowa solo per pubblicità televisive; i 2/3 di queste hanno avuto un contenuto negativo che, in circa la metà dei casi, era indirizzato verso Gingrich. Aspettiamoci di tutto nei mesi a venire: Romney, ad esempio, ha già lanciato una serie di pubblicità anti-Obama che mistificano dichiarazioni fatte in passato dal Presidente, stravolgendone il senso e il contenuto.

Obama e democratici osservano con preoccupazione quanto sta avvenendo. Sanno che le divisioni e le debolezze dei repubblicani sono la loro maggiore risorsa in questo momento. Speravano, però, nell’ascesa di un candidato alternativo a Romney, capace di allungare le primarie e renderle ancor più aspre e divisive. Il voto di ieri in Iowa ci dice che quasi certamente ciò non avverrà.

Il Mattino/Il Messaggero, 5 gennaio 2012