Mario Del Pero

Tre debolezze

Nel giudicare un rapporto inevitabilmente squilibrato, quale è quello tra Italia e Stati Uniti, è facile perdere il senso della realtà, minimizzando l’importanza del viaggio americano di Monti ovvero celebrandolo con enfasi decisamente eccessiva e fuori luogo. Sui principali quotidiani americani si fatica oggi a trovare traccia alcuna dell’incontro tra Monti e Obama. Su quelli italiani i toni sono a dir poco trionfalistici e SuperMario – “l’uomo più importante in Europa” secondo il Time – assurge a campione del ritrovato orgoglio nazionale.
Per gli Stati Uniti, e per l’amministrazione Obama in particolare, Monti importante lo è davvero. È però una summa di debolezze quella che spiega, oggi, la rinnovata rilevanza dell’Italia per gli Stati Uniti.
La prima di queste debolezze è ovviamente quella italiana. Come spesso nella sua storia, l’Italia, e chi la governa in questo momento, è importante in quanto problema prima ancora che come risorsa. Sostenere in forma così ostentata il premier italiano, come ha fatto Obama, serve ad aiutare l’Italia a uscire dalle secche di una crisi dai possibili riverberi pandemici. Serve, molto prosaicamente, a facilitare il cruciale rifinanziamento del debito italiano nei mesi a venire, sul quale si gioca una partita decisiva per le sorti dell’Euro. Fa cioè parte di un impegno europeo e statunitense a salvare l’Italia, evitandole una sorte simil-greca.
La seconda debolezza è quella europea. Obama ha trovato in Monti un alleato prezioso per rilanciare il tema della crescita e dello sviluppo in Europa, finora sacrificati sull’altare dell’austerità imposto da Angela Merkel e dall’elettorato tedesco. Il nostro primo ministro è anzi reso interlocutore ancor più rilevante, e politicamente forte, proprio dalla sconcertante mancanza di alternative in un’Europa che appare schiacciata tra il rigorismo – autoreferenziale e prepotente – della Germania, la sudditanza della Francia e il progressivo disimpegno della Gran Bretagna.
Questo doversi appoggiare all’Italia, partner raramente privilegiato e apprezzato, ci rivela però la terza debolezza: quella degli Stati Uniti e dello stesso Obama. Anche per ragioni elettorali, il presidente americano non può permettersi una crisi europea che finirebbe inevitabilmente per danneggiare la crescita degli stessi Stati Uniti; Obama osserva quindi con perplessità la linea dell’austerity imposta dalla Merkel, e con preoccupazione la prospettiva di un’Europa ancor più germano-centrica che questa linea sembra prefigurare. Ha bisogno, in Europa, di contraltari all’attuale strapotere tedesco; e in piccola parte spera che questo ruolo possa essere svolto anche dall’Italia.
Ecco perché Obama ha bisogno di Monti, oggi. Ed ecco perché l’Italia cerca appoggi di questo tipo, fuori e dentro l’Europa. Anche se a monte rimane il problema, tutto europeo, di un egemone, la Germania, che sta dimostrando di non saper davvero fare egemonia.

Giornale di Brescia, 11 febbraio 2011