Mario Del Pero

Poco seria, ma alquanto grave

No, non è molto seria l’ennesima crisi apertasi nella penisola coreana. Di certo, però, è grave e potrebbe diventarlo ancora di più. Si tratta infatti di un’area ad altissima tensione, militarizzata come poche altre al mondo e, ora, anche a rischio di escalation nucleare.

Come in passato, la responsabilità per la crisi è primariamente della Corea del Nord. Da quando ha assunto il potere, il giovane e inesperto leader nordcoreano Kim Jong-un ha promosso tre test nucleari e accelerato il programma finalizzato alla costruzione di missili a lunga gittata capaci, in teoria, di colpire gli stessi Stati Uniti. Di fronte alla ferma reazione della comunità internazionale, Kim ha minacciato di lanciare un attacco nucleare contro gli Usa, proclamato lo stato di guerra con la Corea del Sud, deciso di riattivare il reattore di Yongbyon, chiuso dal 2007, e fermato il complesso industriale di Kaesong, progetto pilota di collaborazione tra nord e sud e, nelle intenzioni, premessa per l’attivazione di forme di cooperazione economica nuova tra i due paesi.

Il comportamento di Kim Jong-un può essere spiegato in vari modi. Risponde certamente al bisogno di consolidare la propria leadership, nel contesto di scontri di potere interni difficili da decifrare, ma nei quali le forze armate giocano un ruolo centrale. Esprime una costante della politica nordcoreana, ossia l’inclinazione a testare i nuovi leader del sud, in questo caso Park Geun-hye, la prima donna a essere eletta presidente, insediatasi solo poche settimane fa e considerata particolarmente filo-statunitense. Costituisce una risposta alle sanzioni imposte dall’Onu e al rinnovato isolamento del paese, abbandonato in parte dallo stesso patrono cinese. Infine, e questo è l’aspetto più paradossale, magnificare il deterrente nucleare e minacciarne l’uso risultano funzionali alla promozione delle riforme di cui la Corea del Nord ha disperato bisogno. Le armi nucleari sono assai economiche nel loro massimizzare il rapporto tra capacità distruttiva e costi. Nel caso della Corea del Nord potrebbero anche servire per limitare l’influenza dell’esercito e liberare così risorse dal bilancio della difesa, in un contesto di stabilità e sicurezza assicurati appunto dalla capacità di rappresaglia che il nucleare garantisce.

Corea del Sud e Stati Uniti assistono con un mix di preoccupazione e sconcerto a quello che appare essere a tutti gli effetti un bluff, visto che Pyongyang non dispone delle capacità di colpire gli Usa e sarebbe suicida il sol pensare di farlo. Gli Usa non possono però permettersi di sottovalutare le minacce nordcoreane. Non tanto per i loro velleitari contenuti, ma perché ne va della credibilità dell’impegno statunitense a garantire la sicurezza dei propri alleati e la stabilità regionale. Alzare la soglia dell’allarme, intensificare le esercitazioni congiunte e dispiegare bombardieri B-2 e B-52, oltre agli stealth F-22, serve primariamente a questo: a dare un messaggio ad amici (Corea del Sud e Giappone), nemici (Corea del Nord) e, soprattutto, interlocutori cruciali (Cina). Serve a rassicurare i primi, render chiaro alla seconda quale sia lo squilibrio di forze in campo e, infine, responsabilizzare la terza, sollecitando Pechino a svolgere con maggiore efficacia il suo ruolo di stato-patrono, esercitando un’azione di tutela di Kim Jong-un e dei suoi generali.

È una crisi poco seria, ché la Corea del Nord non può fare quel che minaccia di fare e tutti hanno (o avrebbero) l’interesse a collaborare. Agisce però un meccanismo tipico del “dilemma della sicurezza”: questo condiviso interesse a collaborare non induce a farlo perché prevale il timore che dalla collaborazione tragga un vantaggio maggiore la controparte. Ed è quindi una crisi grave, perché i meccanismi automatici di un teatro di guerra fredda iper-militarizzato come quello coreano sono pronti a scattare in ogni momento e la spirale viziosa dell’escalation è sempre in agguato: per fraintendimento, azzardo, stupidità o semplice errore.

Il Giornale di Brescia, 5 aprile 2013