Mario Del Pero

Wikileaks e NSA

Ci sono, sì, delle somiglianze nei casi di Wikileaks, l’organizzazione internazionale che negli anni ha scoperto e pubblicato centinaia di migliaia di documenti riservati, e le recenti rivelazioni sull’attività di spionaggio della National Security Agency (NSA), l’agenzia d’intelligence statunitense responsabile per le comunicazioni.

In entrambi i casi, si fa largo utilizzo delle nuove tecnologie per carpire e, soprattutto, divulgare documenti altrimenti destinati a rimanere a lungo sepolti negli archivi. E sia il caso di Wikileaks sia quello di Edward Snowden – l’analista che ha reso pubblica la capillare attività di spionaggio della NSA – mostrano la paradossale vulnerabilità di apparati statuali, e strutture d’intelligence, i cui poteri e autonomia sono cresciuti di pari passo con processi di parziale privatizzazione e subappalto delle loro funzioni. Controllare la sicurezza di macchine sempre più grandi, tanto invasive nel loro operato quanto permeabili al loro interno, è diventato di fatto impossibile, quando l’accesso ai loro segreti e operazioni è esteso anche a dipendenti di livello minore, come in fondo era lo stesso Snowden. Infine, tanto Wikileaks quanto lo scandalo NSA hanno mostrato la straordinaria quantità di informazioni raccolte e archiviate da apparati d’intelligence porosi, sì, ma capaci di sfruttare loro stessi le trasformazioni tecnologiche per agire in modo capillare e intrusivo come mai prima d’ora.

E allora perché l’effetto politico delle due vicende pare essere oggi diverso? Perché, in altre parole, l’affaire Snowden e le ultime rivelazioni sullo spionaggio della NSA stanno avendo un impatto assai maggiore sui rapporti tra gli Stati Uniti e alcuni paesi loro alleati o amici, nelle Americhe (si pensi alla dura reazione di Brasile e Messico) e, soprattutto, in Europa (è questo il caso di Francia e Germania)?

Tre risposte possono essere offerte, in ordine crescente d’importanza.

Innanzitutto le diverse modalità di gestione e comunicazione di queste informazioni. Nel caso di Wikileaks, è presto sembrato che la sua azione fosse spesso al servizio della personalità, carismatica e controversa, di Assange, che i riflettori in fondo li ha costantemente ricercati. Snowden è finora apparso al peggio ingenuo e irresponsabile, ma si fa più fatica a individuare, o semplicemente immaginare, fini altri dalla onesta indignazione per come opera la NSA. Inoltre, un ruolo centrale nella divulgazione di questi ultimi segreti lo ha svolto un giornalista di certo aggressivo e ambizioso come Glenn Greewald, che però ha agito con attenzione, rigore e abilità spesso mancati ad Assange e ai suoi. Che hanno quasi sempre operato sulla base di principi di quantità più che qualità nel rendere accessibili i documenti in loro possesso.

È questo il secondo fattore da considerare. Wikileaks ha pubblicato in modo indiscriminato tutto quanto avesse in mano: tonnellate di materiali di diversa natura e genere, la gran parte dei quali di scarsa rilevanza, vuoi per il contenuto, vuoi per la fonte (analisti di secondo piano, dell’intelligence o di altri apparati governativi), vuoi per il basso livello di classificazione di tali materiali. Nel caso di Snowden, si è entrati nel cuore di uno dei più importanti centri dello spionaggio americano; e – dato davvero rilevante, ben più del controllo del cellulare di Angela Merkel o di quello di François Hollande – si è mostrato al mondo quanto estesa e invasiva sia tale azione di intelligence e quali siano i pericoli che ne derivano per i diritti di ognuno di noi.

Infine, pesa molto la diversa tempistica. Wikileaks ha iniziato ad operare nel 2006, ma il picco della sua azione lo ha raggiunto nel 2009-2011. Quando l’infatuazione per Obama di gran parte del mondo, e dell’Europa in particolare, era ancora elevatissima. E quando era facile assegnare la colpa solo al suo predecessore, ritenendo, o quantomeno auspicando, che le cose fossero cambiate. Ora quel credito si è ridotto, in particolare presso le opinioni pubbliche dei paesi europei. Alle quali sono peraltro primariamente rivolte le denunce indignate dei governi francese, tedesco e brasiliano. I cui servizi, se ne avessero la capacità, sarebbero ben felici di poter intercettare una telefonata di Barack Obama.

Il Messaggero, 29 ottobre 2013