Mario Del Pero

Obama e le “verità indiscutibili”

L’abbattimento dell’aereo della Malaysian Airline potrebbe rappresentare un momento di svolta cruciale nel conflitto ucraino. Tra le variabili che ne hanno finora condizionato l’evoluzione vi è stata anche la diversità di posizioni tra Europa e Stati Uniti ovvero l’indisponibilità della prima ad appoggiare pienamente la linea della fermezza e dell’intransigenza patrocinata dai secondi. Nel mancato raggiungimento di una piena coesione transatlantica, e di una conseguente linea politica coerente e unitaria, hanno pesato e pesano i diversi interessi delle due parti, misurabili in termini d’interazione commerciale, d’investimenti e di dipendenza energetica. Ma hanno pesato altresì le diverse reazioni delle opinioni pubbliche delle due parti – americana ed europea – influenzate da retaggi storici e sensibilità divergenti, come si è ben visto nella discussione sul peso della destra estrema in Ucraina, sottolineato ripetutamente nel dibattito avvenuto in Europa e costantemente minimizzato invece negli Stati Uniti.

Ora ci si trova chiaramente a un bivio. Se davvero l’aereo è stato abbattuto dai ribelli filo-russi, il gesto compiuto e la sconcertante operazione di ostruzionismo montata dai ribelli e dallo stesso Putin sono inevitabilmente destinati a generare una reazione che metterà la Russia in un angolo e renderà più ardua la posizione di quei paesi europei, inclusa l’Italia, che hanno assunto una linea moderata (e secondo taluni accomodante) nei confronti di Mosca.

Su questo sembra scommettere oggi Obama. Che si è esposto in modo crescente nel criticare la Russia. E che ha accusato i separatisti filo-russi di nascondere la verità con un atteggiamento che, ha detto il presidente, porrebbe Mosca fuori dalla “comunità di nazioni”. Sa, Obama, che un dramma come quello del boeing malesiano offre un’opportunità politica. E sa che in situazioni come queste è importante, finanche decisivo, “fissare” rapidamente una prima verità che poi spetterà alla controparte contestare e negare. Questa battaglia per la verità non è fine a se stessa, ma serve proprio per conquistare quelle opinioni pubbliche che costituiscono da sempre uno degli oggetti del contendere negli scontri di potenza qual è, a modo proprio, quello attuale tra Stati Uniti e Russia. Perché sono anche le opinioni pubbliche a muovere le decisioni dei governi e delle stesse istituzioni internazionali; e che potrebbero oggi spingere i principali alleati di Washington, a cominciare ovviamente da quello tedesco, ad abbandonare le remore residue e a seguire gli Stati Uniti nell’azione di punizione della Russia. Accanto al fronte internazionale, spesso lo dimentichiamo, vi è però sempre anche quello nazionale. Quando il leader degli Usa parla e agisce lo fa sempre di fronte a due pubblici, uno interno e uno esterno, con l’obiettivo di convincerli entrambi e costruire il doppio, indispensabile consenso a qualsiasi iniziativa di politica estera. Conciliare questi due consensi è stato spesso problematico e l’Ucraina non ha fatto eccezione. Negli Stati Uniti, Obama è stato accusato, dai suoi avversari repubblicani ma anche da alcuni democratici, di aver agito con insufficiente fermezza e di aver permesso a Putin di dettare tempi e dinamiche della crisi ucraina. La sua reazione all’abbattimento dell’aereo malesiano risponde anche alla necessità di difendersi da queste accuse. Ora si tratta non solo di dimostrare la colpevolezza dei filo-russi – di fissare cioè un’“indiscutibile verità” – ma di farlo anche in tempi rapidi per massimizzare l’effetto politico di una tragedia spiegabile probabilmente solo con le nebbie di una guerra che, come tante altre guerre, acceca la ragione e confonde le parti.

Il Messaggero, 22 luglio 2014