Mario Del Pero

Due narrazioni, nessuna politica

Le diverse narrazioni del dramma dei migranti nel Mediterraneo danno la cifra sia delle divisioni che attraversano oggi l’Europa sia dell’inettitudine delle politiche adottate dalla UE in risposta a processi migratori sempre meno controllabili. Per l’Italia e per molti altri stati dell’Europa meridionale si tratta in primis di un problema umanitario di cui Roma, come Matteo Renzi non si stanca di ripetere, non si può fare carico da sola. Per altri paesi, Germania e Gran Bretagna in primis, è una questione primariamente di sicurezza, da affrontarsi potenziando i meccanismi di controllo e adottando misure più dure contro gli scafisti. È in tal senso che va letta l’offerta del Primo Ministro britannico David Cameron di mettere a disposizione una portaelicotteri a condizione però che le persone eventualmente salvate nel Mediterraneo non chiedano poi asilo nel Regno Unito. Le due narrazioni rispondono inevitabilmente alle pressioni che giungono dalle diverse opinioni pubbliche nazionali e al modo in cui la crisi dei migranti viene presentata. Per chi, come l’Italia, sta in prima linea la questione primaria è l’assenza di solidarietà europea e l’insensibilità di molti membri dell’Unione, a partire ovviamente dal suo paese più influente, la Germania. Nella quale, invece, prevale l’idea che il dramma mediterraneo sia un’ulteriore manifestazione dell’inefficienza e debolezza politica dei governi sud-europei, incapaci di svolgere il ruolo che loro compete nelle politiche di sicurezza europee.

È difficile non simpatizzare con il governo italiano, spesso lasciato solo a fronteggiare un problema d’immensa complessità. L’operazione Mare Nostrum fu un tentativo di rispondere alla crisi. Ma un tentativo destinato a essere logorato dalla portata di tale crisi, dalle speculazioni politiche che immediatamente ne scaturirono e dall’insofferenza di una parte crescente dell’opinione pubblica italiana. Era una strada giusta, forse l’unica percorribile e praticabile, che non poteva però essere gestita e sopportata da un paese solo. Di fronte a processi migratori di queste dimensioni, che originano da condizioni rispetto alle quali la comunità internazionale può relativamente poco, l’unica strada è quella di una seria politica comunitaria, capace di mettere in comune i mezzi e le risorse e di socializzare i costi e le conseguenze.

È però immaginabile una simile politica, al di là delle dichiarazioni di circostanza, delle mezze misure e degli impegni come quelli di Cameron? È ahimè lecito dubitarne. Perchè pesano, appunto, le pressioni dei diversi elettorati; perchè le difficoltà economiche europee degli ultimi anni hanno avvelenato, e finanche incattivito, la discussione pubblica rendendo ancor più difficile l’adozione di quelle politiche solidaristiche – di quella generosità – che la situazione imporrebbe; perchè ciò si è riverberato anche nei rapporti intra-UE, come ben si è visto nell’atteggiamento tedesco nei confronti della Grecia e più in generale dei paesi dell’area mediterranea. È un circolo vizioso quello che si è così venuto a determinare, nel quale l’assenza di una politica europea amplifica il dramma dei migranti che a sua volta alimenta divisioni nell’Unione e rende più difficile l’azione comune. L’unica soluzione sarebbe un’iniziativa della potenza egemone, quella Germania che però ha più volte dimostrato di non essere in grado di svolgere il ruolo di guida dell’Europa che la storia oggi le riserverebbe.