Mario Del Pero

Hillary for President

Pochi lo avrebbero immaginato, dopo la cocente sconfitta alle primarie democratiche del 2008. Ma ai Clinton non fanno difetto né l’ambizione né la tenacia. Alle quali, nel caso di Hillary, va aggiunta anche una straordinaria auto-disciplina, che l’ha portata ad attendere pazientemente per otto anni la sua seconda chance di essere eletta alla Presidenza. Hillary ha scelto di spendere la prima metà di questi servendo Obama come segretario di Stato. Un segretario di Stato straordinariamente attivo e dinamico e al contempo leale e fidato: attento a non oscurare in alcun modo il Presidente e a evitare polemiche e controversie. E attento, quindi, a ricostruire i rapporti con quei settori del Partito Democratico che non le avevano perdonato le asprezze e, anche, i colpi bassi della campagna del 2008. A quest’opera di mediazione politica è corrisposto il consolidamento di un’immagine di statista che l’esperienza al dipartimento di Stato ha ulteriormente rafforzato.

Completato questo processo, la Clinton è uscita dall’amministrazione e ha attentamente preparato il lancio della sua candidatura. È scomparsa dalla scena pubblica per ritemprarsi dagli sforzi di un quadriennio davvero faticoso. Ha scritto l’autobiografia – piatta, convenzionale e moderatamente auto-ironica – di circostanza. Ha iniziato a raccogliere finanziamenti e costruire quella che si prospetta essere come una straordinaria macchina elettorale. Ha, con attenzione e abilità, preso le distanze dalla politica estera di Obama e da una visione strategica giudicata passiva e insufficientemente ambiziosa.

Le elezioni possono sempre riservare delle sorprese e l’esempio del 2008 è lì a ricordarcelo. Ora come ora, però, è davvero difficile che qualcuno possa contestare a Hillary Clinton la nomina democratica. Troppo potente e capillarmente radicata sul territorio l’apparato elettorale costruito; troppo ingenti le risorse a disposizione, con tutti i maggiori finanziatori democratici pronti a sostenerne la campagna; troppa l’aura d’inevitabilità che circonda la candidatura. Le candidature emerse finora, su tutte quella dell’ex governatore del Maryland Martin O’Malley, non dispongono dei mezzi, della notorietà e del peso politico necessari per essere competitive. L’unica vera alternativa potrebbe essere rappresentata dalla nuova icona della sinistra democratica, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, che però non sembra avere intenzione di correre e partirebbe comunque ad handicap, dovendo costruire una campagna (e una struttura nazionale) praticamente da zero.

Con il suo profilo e le sue risorse, Hillary Clinton sarebbe favorita per la stessa Presidenza. Anche perché potrebbe mobilitare appieno un voto femminile che già nel 2012 risultò decisivo, visto che andò per il 56% a Obama e per il 44% a Romney (nel voto maschile, invece, Romney prevalse 54 a 46). E un voto femminile che pesa di più perché maggiore in termini assoluti e perché contraddistinto da una minore propensione all’astensione (nel 2012 il tasso di partecipazione al voto delle donne fu di 4 punti percentuali superiore a quello degli uomini).

Ecco perché Hillary Clinton appare favorita in prospettiva 2016. Ma nell’anno e mezzo che la separa dal voto dovrà fronteggiare ostacoli non da poco che potrebbero farne deragliare la candidatura. Innanzitutto gli scandali che, assieme al successo politico, hanno scandito la storia dei Clinton. Scandali oggi legati all’uso assai disinvolto che Hillary Clinton ha fatto dei protocolli in materia di utilizzo e conservazione delle fonti elettroniche durante il suo periodo al dipartimento di Stato, quando invece di usare il normale account governativo (che archivia automaticamente tutte le comunicazioni) si affidò a un’e-mail privata della quale mancano oggi molti messaggi. In secondo luogo potrebbe pesare, come già nel 2008, un desiderio di novità e cambiamento che una candidatura come quella di Clinton non può – per storia personale ed anagrafe (68 anni) – intercettare. Infine, l’eventuale capacità repubblicana di trovare un candidato giovane, capace e dinamico potrebbe sparigliare le carte. Ma questa appare oggi ipotesi davvero molto remota.