Mario Del Pero

Trumpismi

Il miliardario americano Donald Trump, candidato alle primarie del partito repubblicano, è di nuovo sulle prime pagine dei giornali. Dopo aver proposto la deportazione degli immigrati illegali presenti nel paese – circa 11 milioni, provenienti per lo più dal Messico e dall’America Latina – ora Trump chiede che si blocchi l’ingresso negli Usa di tutti i mussulmani. Una misura indispensabile, sostiene Trump, dopo gli attacchi terroristici di Parigi e San Bernardino, in “attesa di comprendere meglio la natura del problema e la terribile minaccia che esso pone alla sicurezza del paese”.
Quella di Trump è un’ennesima boutade. La sua proposta è impraticabile, incostituzionale e illegale. Impraticabile, perché per i funzionari del dipartimento dell’immigrazione sarebbe semplicemente impossibile determinare l’affiliazione religiosa di una persona che intende entrare negli Usa, con qualsiasi tipo di visto e passaporto. Incostituzionale, in quanto si applicherebbe in teoria anche a cittadini statunitensi, che verrebbero così discriminati sulla base della loro religione. Illegale, infine, ché verrebbero violati numerosi trattati siglati dagli Stati Uniti con altri paesi.
Posto quindi che di boutade si tratta, la sua rilevanza politica non va in alcun modo sottostimata. Trump sembra essere sceso nei sondaggi, in particolare in Iowa dove inizieranno il febbraio prossimo le primarie. E proprio la crescita di consensi di un altro candidato ultra conservatore, il senatore del Texas Ted Cruz, spiega la necessità per il magnate newyorchese di rilanciare con l’ennesima provocazione a uso e consumo di un elettorato, quello dei caucus dell’Iowa appunto, dove è sovra-rappresentata la destra religiosa più radicale. E però Trump resta nettamente in testa nei sondaggi nazionali, nei quali ottiene attorno al 30 dei consensi, doppiando di fatto i suoi rivali principali: Cruz, il giovane senatore della Florida (e oggi vero favorito) Marco Rubio e il neurochirurgo afroamericano Ben Carson. Soprattutto, Trump è diventato nei mesi un candidato credibile alla nomination repubblicana: anzi, con le sue parole d’ordine politicamente scorrette, con la sua misoginia e, soprattutto, con posizioni di fatto xenofobe e razziste, ha finito per dettare i tempi del dibattito politico ed elettorale, contribuendo alla inesorabile marginalizzazione di candidati più moderati come il governatore della Florida (e iniziale favorito) Jeb Bush e quello dell’Ohio, John Kasich.
Come è possibile tutto ciò e cosa ci dice di questo ciclo elettorale oltre che, più in generale, della situazione politica negli Usa? Pesa, questo è chiaro, l’emozione suscitata dai recenti attentati, che riaccendono la memoria dell`11 settembre e le paure che esso aveva alimentato. I sondaggi, per quanto affatto inequivoci, rivelano la crescente diffidenza e, in taluni casi, l’aperta ostilità degli elettori repubblicani nei confronti dell’Islam e dei mussulmani. Ma pesa altresì un clima più generale di rabbia e paura a cui contribuiscono tanto i lunghi riverberi della crisi economica quanta la rinnovata preoccupazione verso la minaccia del fondamentalismo islamico, ora incarnato dall’Isis. Un clima che il partito repubblicano ha cavalcato (e sta cavalcando) irresponsabilmente, nell’auspicio di poterlo mobilitare contro Obama e i democratici. E che con Trump gli è di fatto esploso tra le mani. Escludere Trump dalle primarie, come sarebbe eticamente prima ancora che politicamente necessario, rischierebbe oggi d’indurlo a correre come indipendente, con effetti devastanti per le chance repubblicane di riconquistare la Casa Bianca. Rischiare una vittoria di Trump, o comunque accettare primarie dominate dalla sua persona e dalle sue farneticazioni, significa contribuire all’ulteriore degrado e abbruttimento del confronto politico. Che con queste primarie repubblicane precipita verso livelli raramente raggiunti in precedenza. Da Presidente George Bush ha commesso innumerevoli errori. Un merito gli si deve però riconoscere: il suo sforzo reiterato di contenere qualsiasi deriva islamofobica; di evitare che gli attentati terroristici dell`11 settembre e le successive guerre intraprese dagli Usa alimentassero una caccia alle streghe contro i mussulmani o fossero giustificate in nome di una guerra di civiltà a tinte religiose. Per pavidità, inettitudine e opportunismo, il partito repubblicano e il suo establishment non ha avuto il coraggio e la fermezza di fermare una deriva che oggi appare incontrollabile e di cui Trump è il prodotto prima ancora che la causa.

Il Messaggero, 9 Dicembre 2015