Il secondo dibattito
Obama
non è mai stato un grande debater. Manca dei tempi e, forse, anche della
cattiveria necessaria negli aspri scambi della discussione. Tanto è abile nell’offrire
sermoni dotti e straordinariamente raffinati per gli standard del discorso
politico statunitense quanto è lento e, spesso, impacciato nell’articolare
risposte secche e pungenti nei dibattiti dai tempi assai stretti della
televisione. Il modello townhall della discussione di ieri sera, invocato e
chiesto da McCain, avrebbe dovuto amplificare questa debolezza. Non è stato invece
così e quella di ieri è stata probabilmente la migliore performance televisiva
di Obama. Lo è stata nel merito ossia nella precisione e nel dettaglio delle
risposte di Obama, particolarmente stridente se confrontata con la pleonastica
e sloganistica retorica di McCain. E lo è stato nella simbologia. Il dibattito ha
visto contrapposti un Obama sicuro, giovane e decisamente a suo agio nella
piccola, ancorché asettica, townhall della Belmont University e un McCain
decisamente più impacciato e rigido, costretto a confrontarsi con una townhall
popolata non dai suoi soliti fan repubblicani, sempre pronti a commuoversi ed
entusiasmarsi per la sua storia di eroe del Vietnam. I sondaggi sembrano
premiare Obama. Contano però poco, ché negli stati cruciali il margine di
vantaggio di Obama su McCain è ancora troppo stretto (su questo ritornerò in un
prossimi post). Per potere vincere, McCain e Palin devono però riuscire in
un duplice, e potenzialmente contraddittorio, compito: mobilitare appieno la
base repubblicana, conquistando al contempo una maggioranza del voto
indipendente e una piccola fetta di quello democratico. Queste ultime settimane
saranno pertanto caratterizzate da un’ulteriore escalation degli attacchi
personali a Obama, al suo passato e alle sue conoscenze. Il lavoro sporco lo
farà (e lo sta già facendo) Sarah Palin, mentre McCain continuerà a
sottolineare la sua moderazione e il suo impegno alla collaborazione bipartisan,
come ha stancamente sottolineato più volte ieri. Dopo le due convention, i tre
dibattiti televisivi e gli sconquassi di questa ultima settimana i democratici
si trovano però in una posizione decisamente migliore di quanto non fosse solo
poche settimane orsono.