Mario Del Pero

Antipolitica

Non sono certo che il voto della Camera dei rappresentanti
rappresenti davvero la fine del conservatorismo statunitense per come lo
abbiamo conosciuto nell’ultimo trentennio (come afferma, tra gli altri, Paul
Waldman sull’American Prospect
o come argomenta ormai da tempo lo storico Sean
Wilentz). La grande coalizione reaganiana – complessa, multiforme e incoerente –
è da tempo lacerata da pressioni centrifughe che il radicalismo di Bush ha
contribuito ad esasperare. E la ribellione dei repubblicani libertarian e dei
populisti conservatori cui abbiamo assistito due giorni fa ne rappresenta la
riprova. In nome del libero mercato e dell’antipolitica (oltre che di ovvi
opportunismi elettorali), una maggioranza di deputati conservatori si è
ribellata a otto anni di finto libero mercato (fatto, oltre che di scellerati
tagli fiscali, di sussidi all’agricoltura e all’industria, di protezionismo e di crescente
indebitamento), di finto governo minimo (estensione delle regulations,
intrusiva presenza federale in nome dell’emergenza sicurezza, nomine giudiziarie
politicamente orientate) e, infine, di finta antipolitica (scandali a
ripetizione, lobbies sempre più influenti, clientelismi e conseguente incompetenza
– ricordate New Orleans?). Ma il vento dell’antipolitica soffia anche per i
democratici: cosa che molti commentatori, impegnati a discutere e celebrare l’implosione
dei repubblicani, sembrano avere dimenticato. Salvare Wall Street dimenticando
Main Street è denuncia che i democratici hanno finora fatto propria con
evidente successo, ma che può essere declinata (e che viene declinata) anche in
una prospettiva conservatrice, come il voto alla Camera ha mostrato bene. Obama
su questo dovrà muoversi con cautela e attenzione, per gestire una situazione
che ovviamente lo avvantaggia ma che presenta, anche, molti rischi su tutti quello
di essere individuato dagli elettori come uno dei salvatori di Wall Street a
danno di quella Main Street che lavora, fatica e che ora rischia anche di
perdere la casa. Non è un caso che il rimbalzo di Obama nei sondaggi non
abbia avuto ricadute in Ohio, dove permane una situazione di sostanziale
pareggio. Senza l’Ohio si può ancora vincere e anche larghi; ma il dato rimane
significativo e rilevante.