Trump e Trumplandia
TRUMP E TRUMPLANDIA
Fa un po’ sorridere vedere il montante sdegno nei confronti di Trump da parte di molti repubblicani, inorriditi per la sua imbarazzante performance durante il summit di Helsinki. Sorridere, perché ha in fondo detto né più né meno di quel che va dicendo da mesi. Presidente per molti aspetti accidentale e clownesco, Trump è soprattutto il prodotto, estremo e caricaturale sì ma anche plastico e coerente, di quello che il partito repubblicano è divenuto negli anni. Un’involuzione/degenerazione acceleratasi con Obama alla Casa Bianca, ma che ha matrici ben più antiche (o forse ci siamo già dimenticati Guantanamo, Abu Ghraib, Katrina ecc?). Lo vediamo in tantissimi ambiti dal negazionismo in materia di cambiamento climatico ai curricula scolastici con l’insegnamento del creazionismo, da politiche fiscali marcatamente regressive al sostegno acritico alla tolleranza zero spesso dispiegata dalle forze di polizia locali. Le immagini sotto offrono quattro esempi paradigmatici tra i tanti disponibili
a) La prima – tratta da un sondaggio CNN/ORC – ci mostra quanto diffusa ancora nel 2015 fosse tra i sostenitori del Tea Party l’idea che Obama sia mussulmano e non, come in realtà, protestante. Banale ricordarlo ma questa tesi, assieme a quella secondo la quale Obama è nato in Africa e non negli Usa, è servita per costruire una rappresentazione negativa dell’ex Presidente dalle chiare e scoperte matrici razziste
b) Per rimanere in tema, la seconda immagine è sempre relativa a un sondaggio fatto da Pew dopo la (vergognosa) sentenza di assoluzione di George Zimmerman, il vigilante che in Florida assalì e uccise un teenager nero la cui unica colpa era di passeggiare in un quartiere dove non risiedeva. Sentenza apprezzata da una larghissima maggioranza di repubblicani (inclusi molti aspri critici di Trump oggi come la columnist del Washington Post Jennifer Rubin, che all’epoca scrisse vari articoli in difesa di Zimmerman)
c) Tra il 2011 e oggi quasi tutti gli stati controllati dai repubblicani hanno introdotto restrizioni sempre più stringenti all’esercizio del diritto all’aborto. Assieme al taglio dei finanziamenti a Planned Parenthood, l’organizzazione no-profit che gestisce tra le altre cose molte cliniche specializzate nell’interruzione di gravidanza, ciò ha determinato a livello locale una drastica riduzione di un diritto oggi messo in pericolo da un possibile intervento della stessa Corte Suprema
d) Infine, tra il 2010 e il 2016 numerose assemblee legislative controllate dai repubblicani hanno modificato le mappe elettorali, con un’azione di gerrymandering tra le più spregiudicate cui si sia mai assistito (contro la quale le corti federali e alcune corti supreme statali hanno iniziato finalmente a muoversi). Se si somma alla più inefficiente distribuzione dell’elettorato democratico – concentrato soprattutto in grandi aree metropolitane – ciò determina un pericoloso squilibrio che danneggia la rappresentatività delle istituzioni democratiche. I calcoli variano, ma i democratici per avere una maggioranza alla Camera (dove la rappresentanza è proporzionale) devono oggi conquistare, su scala nazionale, tra 5 e i 10 punti percentuali in più rispetto ai repubblicani (ne parla oggi Martin Wolf, al solito bravissimo, sul Financial Times, evidenziando quanto più “pesante”, in termini relativi, sia un voto dato ai democratici rispetto a uno dato ai repubblicani: https://www.ft.com/con…/3aea8668-88e2-11e8-bf9e-8771d5404543). Le ultime due immagini – da uno studio del Brennan Center del marzo scorso e una mappa elettorale della North Carolina che mostra quanto il gerrymandering può incidere – ci evidenzia l’impatto che tutto ciò ha avuto, e potrebbe avere, su stati contraddistinti da un marcato gerrymandering: in NC, appunto, col 47% dei voti i democratici hanno nel 2016 ottenuto appena 3 seggi su 13.
Insomma Trumplandia ha radici ben più profonde e strutturali della Presidenza Trump e a questa è destinata a sopravvivere a lungo